La Strabatenza segreta dell’ VIII Brigata Garibaldi
Terzo appuntamento con le nostre “camminate di fantasia tra antiche parrocchie fantasma” alla scoperta di un mondo perduto, un universo andato che ormai ci pare lontanissimo e che speriamo di rendervi il più prossimo possibile grazie al racconto che segue.
Nelle precedenti due camminate vi avevamo condotto rispettivamente a Rio Salso e Rio Petroso, due parrocchie povere e non particolarmente popolose, a metà strada tra le Valli del Savio e del Bidente. Oggi lo svalicamento è compiuto e ci troviamo nella Valle del Bidentino (uno dei rami dai quali ha origine il Bidente) sempre comunque all’interno del Comune di Bagno di Romagna.
Questa camminata ci darà modo di conoscere la Parrocchia di Strabatenza: una tra le più popolose tra quelle che vi faremo conoscere ed anche una tra le più “ricche” e produttive, data l’abbondanza di zone pianeggianti che ben si prestavano all’agricoltura ed all’allevamento. A differenza di altre comunità limitrofe, l’esodo qui si protrasse fino agli anni ’70 e fu in buona parte “forzato” (almeno così mi hanno riferito alcuni degli ex abitanti con i quali ho avuto la fortuna/piacere di parlare).
Come consuetudine ci ritroviamo al parcheggio del Cimitero di San Piero in Bagno e partiamo in auto alla volta di Santa Sofia. Poche curve prima di arrivarvi, voltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Poggio alla Lastra dove ci fermiamo qualche minuto per sgranchirci le gambe. Qui ci starebbe bene la scritta: “Hic sunt leones” o meglio “lupos”; in questo piccolo paesello (oggi semideserto ma in passato popoloso sin dai tempi in cui fu Comune sotto la dominazione fiorentina, “fra i più lontani dal centro del capitanato” (cit.1)) varchiamo le colonne d’Ercole e ci immergiamo nella “valle del silenzio” di Serafiniana memoria.
Proseguiamo in auto sulla strada principale che si fa sterrata (immancabile la pausa al Poggetto per riempire le borracce presso la fonte freschissima). Superiamo le famose pozze “del Poggio” (bellissime e molto conosciute, soprattutto negli ultimi anni; alcune macchine di “villeggianti cittadini” sono già sul posto!) ed avanti risalendo il corso del fiume. Arriviamo ad un grosso bivio presso l’area attrezzata di Ponte del Faggio (zona Bottega) e qui parcheggiamo le auto. Respiriamo a pieni polmoni l’aria fresca e frizzante di questa mattinata estiva mentre allacciamo gli scarponi e controlliamo di aver caricato a dovere lo zaino… ed ecco la prima (tremenda!) brutta notizia della giornata: mi sono dimenticato il vino a casa.
Tuttavia mai disperare, una guida AIGAE che si rispetti ha sempre un piano B di riserva… Inizio a camminare in salita lungo l’ampia strada che in poco mi porta a Trappisa di Sotto. La casa è stata di recente assegnata al gruppo “Dos Dias” vincitore del bando provinciale di affidamento. I ragazzi stanno lavorando per rendere quanto prima agibile il rifugio. Mi fermo a chiacchierare con loro (alcuni sono amici di vecchia data) ed alla fine due belle bottiglie di rosso riesco a rimediarle.
Salutati i ragazzi, riprendo a camminare fino a superare Ca’ della Vigna… La toponomastica è chiara: il nome ricorda i tempi andati, prima della filossera, quando questi terreni producevano (a detta dei locali) un ottimo sangiovese “quasi frizzante e facile a bersi, dalla vigorosa gradazione” (cit.2). Mi guardo intorno immaginando vigne a perdita d’occhio, invece degli odierni rimboschimenti a conifere, appoggiandomi alla recinzione per asciugare il sudore. Un raglio improvviso alle mie spalle mi fa trasalire: voltandomi di scatto vedo il grosso muso di un asino a pochi centimetri da me. L’asino mi guarda per un po’ in silenzio, dopodichè riprende il “suo discorso ragliante”; credo di aver capito cosa vuol dirmi e lo traduco a grosse linee: “pore baibe cos tu spetarai ad aprì el vin che t’hai invec ed sognà li viti”? Ha proprio ragione ed in un attimo apro la prima bottiglia che i ragazzi di Trappisa mi hanno regalato.
Continuo a camminare con il pensiero ancora rivolto ai vigneti e non mi accorgo di essere già arrivato nel cuore di quella che era la popolosa parrocchia di Strbatenza.
Purtroppo, ai nostri giorni, resta poco di quello che doveva essere un magnifico borgo, spazzato via per sempre dalla “dinamite impietosa e stupida del Corpo Forestale dello Stato” (cit.3).
Rimane la chiesa, costruita negli anni ’20 del novecento a seguito dei grossi terremoti che investirono la valle, la bella casa Zuccherelli, la scuola (ancora per poco…) ed il silente cimitero.
Una bella targa, vicino ad una fonte dove riempio la borraccia, ricorda gli eroici Partigiani dell’VIII Brigata Garibaldi che qui a Strabatenza trovarono riparo nel Marzo 1944, al termine dell’esperienza del distretto Partigiano di Corniolo.
Di recente inaugurazione è il “Sentiero del Partigiano Janosik” (dedicato a Giorgio Ceredi, partigiano e commissario politico di uno dei distaccamenti che componevano la brigata) che in parte percorreremo.
Prima però di affrontare il suddetto sentiero, avanziamo lungo la strada forestale fino al cimitero; appoggio lo zaino al cancello ed entro: cerco di riconoscere tra le erbacce i nomi incisi nelle poche lapidi ancora presenti ed immagino di calarmi nei panni di un Edgar Lee Masters in salsa tosco-romagnola. Mi figuro gli spiriti di queste povere genti destarsi dal loro torpore eterno e raccontarmi le loro vicissitudini… mi perdo in questi viaggi…
Il sole alto in cielo mi desta dalle mie fantasie e trovo riparo nella piccola cripta del cimitero dove mi fermo a riposare, riempiendomi il bicchiere di vino per brindare alla salute dei miei oratori immaginari che “dormono, dormono sulla collina” (cit.4).
Continuo a salire, superando le case di Ca’ Boscherini (recentemente ristrutturata) ed il Vinco. Qui il sentiero si fa più labile proseguendo tra fitti ginepri e ginestre in fiore dal profumo inebriante. Arriviamo ad una delle case a mio avviso più impossibili della zona: Ripastretta (una leggenda parla di un miracolo qui avvenuto secoli orsono ad opera di un Santo che vi si trovò a transitare… storia che vi racconterò in loco, appena sarà possibile tornarvi assieme!)
Siamo al confine con l’attigua parrocchia di Casanova dell’Alpe e per non svalicare decidiamo di scendere sulla sinistra, seguendo una traccia zigzagante che in breve tempo ci accompagna ad uno spiazzo rimboschito. Al centro, quasi uscito dalle fiabe, sta un rudere coperto di muschi (i Fondi); accanto un grazioso ponticello in pietra supera il fosso. Mi pare di essere finito nel mondo delle fate ed attendo che qualche esserino magico faccia capolino da dietro qualche pietra. Nell’attesa affetto formaggio e verso il vino.
Abbiamo incrociato il Sentiero del Partigiano (indicato da una stella rossa e non dalla abituale segnaletica CAI bianca e rossa) di cui prima vi abbiamo parlato; lo prendiamo in salita fino a giungere ad una bella e panoramica maestà in pietra risalente (o almeno datata) al 1886.
Il tracciato entra in uno dei suoi punti più scoperti ed il sole si fa sentire; una fune di acciaio posizionata di recente (ringraziamo chiunque sia stato a metterla!) ci aiuta nel passaggio.
Giungiamo così al rudere della Casaccia, pochi resti pericolanti che però ci danno bene l’idea di quanto la casa fosse grande. Si vedono ancora i resti di quella che immagino essere stata la cucina: alcune mensole scavate nella parete, una sorta di acquaio in arenaria ed un bel camino con ancora incise le iniziali di chi lo costruì. La zona è riparata e suggerirebbe di fermarsi più a lungo… il caldo però mi fa prendere la decisione di camminare altri dieci minuti fino ad arrivare alla bella cascata lungo il fosso del Palaino, dove finalmente posso togliere gli scarponi ed immergere i pedi al fresco.
Pane, salame e formaggio (alla faccia delle barrette energetiche!) accompagnano la seconda bottiglia della giornata che sboccio e verso in abbondanza. Mi sdraio e mi appisolo per qualche decina di minuti.
Una libellula di un blu metallico mi sfiora il viso e mi sveglia, immagino voglia dirmi di non indugiare troppo e che da vedere c’è ancora molto. Mi asciugo e riprendo a camminare poche centinaia di metri per ammirare i resti di Ca’ del Tosco. Mi ricordo (saranno passati almeno 10 anni) di una giornata tempestosa quando con l’amico Claudio, compagno di tanti trekking, ci rifugiammo nello stalletto purtroppo ora crollato. Al pari della Casaccia, doveva trattarsi di una grossa costruzione capace di ospitare famiglie alquanto numerose. Una lapide attira la mia attenzione, si tratta del ricordo di due bimbe decedute per cause legate alla guerra che, ancora anni dopo la sua conclusione, reclamava il suo tributo di sangue.
La casa successiva che incontriamo è il Palaino, della quale, purtroppo, rimane ben poco. (al pari delle altre case incontrate in precedenza in questa stretta vallecola, fu abbandonata attorno alla metà degli anni ’50, motivo che spiega l’avanzato stato di rudere).
Il sentiero sale fino ad un colle panoramico dove si domina la valle del Bidentino per poi attraversare un tratto franato ed incrociare il sentiero CAI che scende da Casanova dell’Alpe ai piedi dei ruderi del Trogo (una maestà in pietra ed il bel forno restaurato guardano quella che doveva essere una delle case più possenti della zona, oggi rudere).
Torniamo sui nostri passi ed in discesa, sotto un sole battente che non ci concede respiro, superiamo le case restaurate delle Cortine (di Sopra e di Sotto) per arrivare al Mulino delle Cortine (benchè al momento chiuso, il complesso merita una visita anche se solo esterna; ci auguriamo che possa risorgere e tornare presto allo splendore ormai perso da tempo).
Alla pozza presso il mulino mi attende una bella sorpresa: i ragazzi di Trappisa, finiti i lavori della giornata, hanno deciso di scendere al fiume per rinfrescarsi. Un tuffo tira l’altro e presto il sole si fa basso… Decidiamo così di rientrare a Trappisa per una spaghettata tutti assieme, il vino non manca e nell’attesa che l’acqua bolla mi faccio un giro ad ammirare i lavori eseguiti. La casa è ormai ultimata e splendida, pronta ad ospitare i Trekkabbestia al completo appena ci daranno il via e questa quarantena avrà termine.
NOTE:
cit. 1 : Alpe Appennina n.01, Monti Editore, 2019
cit. 2 e 3 :Claudio Bignami (a cura di), Il Popolo di Strabatenza, 1991
cit. 4 : Fabrizio De Andrè , Non al denaro non all’amore né al cielo (1971)
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